martedì 11 maggio 2010

Juventus, iustitia !

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Un nome può dire tanto o niente; nel primo caso, lo fa quando è pronunciato con sentimento e cognizione di causa; nel secondo caso, quando è ripetuto distaccatamente, come mero suono vocale. Per la nostra squadra, G.Agnelli sarebbe rientrato tra i primi, lui che provava emozione già alla sola lettura della lettera J sui giornali.

Juventus è parola latina che la filologia moderna fa risalire al sanscrito classico, con “yavan”= ‘difensore’ e “yu” = ‘respingere’. Il giovane per i latini sarebbe quindi colui che combatte, difende, respinge. Un’idea di valorosità che ben si addice a chi è nel pieno delle sue forze, ma con una spiccata connotazione alla difesa e al sostegno, e non alla prevaricazione o offesa, che anzi viene combattuta.

Fa parte di un’ampia gamma di vocaboli latini con la medesima radice iu-, ciò che fa pensare ad una matrice comune che abbia poi avuto molte derivazioni nella lingua classica più complessa. Molte sono arrivate fino all’italiano, introducendo in quest’ultimo passaggio l’iniziale g.

E non parole qualunque hanno composto questo gruppo: tra esse “iustitia”, uno dei valori supremi della latinità, ma anche la parola più importante per ogni popolo, quella che indica il dio supremo: “Iuppiter, Iovis”= Giove. E secondo il Vico, la parola “ius” (il diritto romano), e quindi “iustitia”, ha origine proprio dal nome arcaico di Giove, cioè “Ious”. La spiegazione è ovvia: così come Giove regola e governa il mondo, così la giustizia dovrà regolare la vita civile. Contro la barbarie e la prevaricazione, gli uomini introducono la legge a difesa dei valori e dei diritti supremi. Vico era ignaro delle scoperte della filologia, ma la sua spiegazione del termine “ius” rimanda ai concetti del sanscrito che abbiamo visto per “juventus”.

Tuttavia, nonostante anche la stessa radice, i due termini sono distinti e ci dovrebbe essere una matrice sanscrita anche per “ius”, cosa che invece non risulta. La troviamo, invece, nella “madre” del sanscrito classico, ovvero la lingua vedica, in cui “yos” compare in un’iscrizione con un’accezione di “invocazione religiosa alla salvezza”. Il legame con il latino è qui stringente, sia nel suono che nel significato. Il vedico però, a differenza del sanscrito, non ha avuto contatti diretti con il latino.

La radice ”ius” ha quindi uguale significato in due lingue (il latino arcaico ed il vedico) che appartengono al medesimo ceppo delle lingue indoeuropee, ma che sono separate tra loro. Ci deve quindi essere una matrice comune, ovviamente sconosciuta, per lo “ius” latino ed lo “yos” vedico che risalirebbe a questo punto ai primi dialetti indoeuropei, cioè all’origine delle origini delle lingue conosciute. Siamo agli albori della civiltà.

Ma c’è chi si è addirittura spinto oltre.

Secondo Scipione Gentili, letterato e giureconsulto della seconda metà del ‘500, l’origine di “ius” risalirebbe al grido primordiale “”, con cui gli uomini primitivi senza leggi né costumi morali manifestavano dolore e oppressione. E’ la natura stessa degli uomini ad indurli, secondo il Gentili, ad una tale espressione nel momento del bisogno. Torna il concetto dell’invocazione a qualcosa che ponga fine al male.

Se è vera una tale espressione primitiva, è probabile l’esistenza di un termine con questa radice nei primi dialetti indoeuropei con il significato che abbiamo visto sopra, da cui poi la derivazione nel latino arcaico e nel vedico. Il discorso di prima, torna tutto.

La filologia non è scienza esatta, e chi scrive ha raccolto delle fonti senza essere esperto in materia. Né si vogliono fare accostamenti forzati. La Juve è comunque quella squadra che non ha mai falsificato né passaporti né bilanci, non ha comprato televisioni e giornalisti per denigrare e calunniare avversari, ordinato pedinamenti o intercettazioni di tesserati propri o altrui, fatto spionaggio industriale, adattato in corso le regole alle proprie esigenze o ottenuto titoli che non abbia conquistato con il lavoro e i meriti. La Juve al contrario, pur dal carattere sempre vigoroso e combattivo, è stata un esempio comportamentale, sia sul campo che come conduzione societaria, nel rispetto degli avversari, delle regole, dei valori e delle istituzioni. Se incappati in errore, nessuno ha mai sbraitato per sottrarsi al dovuto, che ne avremmo avvertito svilimento. Per altri invece, una tale pratica sembra essere un modus vivendi. Crediamo che l’origine ed il marchio torinese della società siano stati un fattore decisivo in questo: il capoluogo piemontese si distingue infatti tra le grandi città italiane per l’elevato grado di civiltà, soprattutto nella classe dirigente. Anni luce distano la Milano degli scandali e la mangereccia Roma. Non è un caso se proprio a Torino risalgono le radici dell’Italia moderna. Una città, peraltro, bellissima.

Ma non solo la società; di fronte alla calunnia e al complotto del 2006, anziché andare a bruciare cassonetti, la tifoseria ha prodotto le risposte più energiche in una ricostruzione attenta e profonda degli obbrobri giuridici che ne erano alla base, smontandola da capo a piedi. Passione e dedizione hanno prodotto competenza in materia da distanziare anni-luce anche i “distratti” operatori del settore, quelli che avrebbero dovuto trattare le vicende per vocazione professionale. Ad oggi, manifestiamo il nostro tifo ed interesse più per i fatti di Napoli che non per le vicende sportive di una squadra che va in campo con un determinato nome, al momento non più adatto.

Ci piace quindi associare quel grido di forza, speranza e giustizia alla nostra tradizione e alla nostra storia. Una tradizione ed una storia di cui andiamo fieri, e che vogliamo rilanciare nel futuro. Non vano romanticismo, perché giustizia è forza.

Un grido capace di unire bianco e nero, passione e civiltà.

Semplicemente, Juve!

Thomas, ejuventus

1 commenti:

  • 17 maggio 2010 alle ore 14:43
    Anonimo :

    Sono uno di quelli che ama profondamente la Juventus, e prendendo spunto da questo mio modo di rapportarmi con il calcio, cerco di comportarmi da sportivo rispettando il tifo altrui. Debbo anche ammettere che l’unica mia difficoltà è quella di dialogare con gli interisti, limitando in questi casi il mio raggio di azione solo con alcuni loro tifosi a me cari. Purtroppo, anche se credo in modo inconscio, vivono la loro fede sportiva nella più totale negazione dell’evidenza degli accadimenti sportivi, vissuti quasi sempre con la consapevolezza di essere portatori di verità precostituite, rispettando un modello di spettacolo calcistico più ricalcitrante tipico del modus operandi del tifoso interista. Perdurando ormai da anni questo mio convincimento, nei continui alterchi domenicali, chiudo repentinamente il discorso usando la frase: “E’ meglio fare a cappellate con i passeri che parlare con voi interisti”. Già solo il fatto di immaginare l’assurdità del gesto, credo sia inopinabile intuire la mia difficoltà, e mi auguro non solo mia, a dialogare con questo genere di tifosi. Da tutto questo discorso si evince che gli ultimi accadimenti che stanno emergendo al processo di Napoli è ulteriore convincimento, per loro, del cosiddetto illecito strutturale usato da Moggi per anni all’interno del pianeta calcio. Anche secondo Zamparini, Paolo Liguori etc., radiando Moggi il gioco del pallone riacquisterebbe quell’antico fulgore che ha perso in questi ultimi anni. Se ci ricordiamo quando la Juventus vinceva 5 scudetti di fila si gridava al complotto, ai campionati truccati. Oggi che lo fa l’inter è tutto a posto, finalmente è ritornata la legalità. Poveri noi come siamo caduti in basso. Lunga vita al nuovo prode condottiero Andrea Agnelli e lunga vita a tutto il suo staff. Con lui auguriamoci che la Juventus ritorni più che mai protagonista di tante vittorie, anche con qualche aiutino arbitrale, sia in Campionato che nel calcio europeo. Alla faccia di chi ce vole male.

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