
La squadra che abbiamo visto giocare nella stagione 2006/2007, nei vari campi di Frosinone, Mantova, Crotone ecc, era la Juventus. Lo era nel bene e nel male, anche dopo tutto quello che aveva subito si era rimessa in gioco, e tutta la rosa di allora ci aveva messo anima e corpo per tornare grande, e nel suo piccolo, lo faceva in maniera umile, nel pieno stile Juventus, con grinta, caparbietà e orgoglio: tutti quei particolari che fanno della “vecchia signora” un modello da imitare. Ecco, quella “juventinità” pare sparita, come se la mazzata subita quattro anni fa, non ci aveva distrutto all’istante, ma ci avesse lasciato delle ferite che poi negli anni si sarebbero dilatate e non poco. Per questo, e per tanti altri fattori, adesso ci ritroviamo in una situazione alquanto imbarazzante. Da tifosi non possiamo che augurarci che sia solo un brutto periodo, perché sappiamo bene cosa significa essere juventini, cosa rappresenta, e già solo il pensiero di perdere tutto ciò che rappresentiamo equivale a perdere quasi il senso del nostro tifo.
Ieri, a Verona, abbiamo subito l’ennesimo spettacolo indecente della nostra Juve, una squadra che pare aver perso ogni sua caratteristica e che pare non sappia neanche più arrivare davanti alla porta avversaria. Ormai qualsiasi formazione gioca contro di noi, lo fa a testa alta, tutti convinti (giustamente) che possono batterci, e che finalmente è arrivato anche il loro turno.
Il bilancio di questa stagione è chiaro già da ora: nove sconfitte tra campionato e coppa, con l’uscita dalla Champions e la vetta in campionato ormai lontana, con molteplici problemi all’attivo. Dalla società, passando all’allenatore, danno tutti la sensazione di non sapere bene cosa stiano combinando. Loro “ci credono”, ma noi continuiamo a non vedere risultati.
Andiamo oltre alle tante chiacchiere da bar che si fanno sulla Juve, non prendiamoci in giro. I giocatori hanno delle grosse responsabilità, pare non abbiano più la testa, giocano in maniera casuale e mai danno il senso di cosa vuole dire giocare per la squadra, sbagliando un passaggio ogni tre, senza mai creare gioco e senza mai arrivare al tiro.
Io però voglio continuare ad essere la voce fuori dal coro. Sulla società poco da dire, la rosa si vede che ha delle carenze (visto anche i continui infortuni, ormai uno a partita), ma dicono che siamo apposto così e anche se direbbero una bugia, non ci sembra che ci vedano così lungo visto i possibili nomi che sono trapelati. Sulla proprietà, poi, neanche mi esprimo. Ma sull’allenatore, ho un pensiero fisso. L’unico motivo per cui cambierei Ferrara, è la speranza che prendere un altro allenatore vorrebbe dire dare delle motivazioni nuove, importanti alla squadra. Hanno bisogno di una forte scossa, di “ritrovarsi”. Ma detto questo, non vedo come un altro mister possa migliorare una rosa con chiari problemi psicologici, i giocatori sono quelli, per quanto si possa stravolgere di continuo gli schemi. Più che altro mi farei varie domande. Una su queste? Perché uno come Felipe Melo, pagato 25 milioni, colonna del Brasile, l’insostituibile di Dunga, quando vede “bianconero” smette di giocare? Una delle tante. Mi sembra assurdo che calciatori che calcano i campi da decenni si siano scordati come si gioca. Io (ri)partirei da loro, nel capire qual’è il reale problema. Poi, se mai, penserei a Ferrara.
Ma una cosa è sicura: date un pizzicotto a quei bambini, svegliateli da questo brutto incubo, e spiegategli (coi fatti) cosa vuol dire “Juventus”.
Tiziano Salvatori
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