giovedì 4 marzo 2010

Quello che Mourinho non dice...

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Dispiace scomodare la bellissima canzone di Ruggeri e Schiavone, di quelle che ti chiedi che ci abbia fatto dentro un’edizione di Sanremo, per l’esattezza quella del 1987, per di più interpretata dalla splendida Fiorella Mannoia, ma il gran ciarlare di questi giorni di Mourinho mi fa riflettere su quello che non dice. Il chiacchier-one portoghese è talmente avvezzo al pettegolezzo da fare invidia alla lingua più allenata e disinvolta della più pettegola tra le pettegole. Capace di dire tutto e il contrario di tutto, di tirare in ballo questo e quello senza scrupoli né motivi, tanto per parlare. Con un delirio di onnipotenza e una spudoratezza che starebbero più a loro agio in uno sconclusionato reality piuttosto che su giornali e televisioni. Invece, puntualmente, trova attraverso l’informazione sportiva, sempre più disinformazione e sempre meno sportiva, la sua apoteosi e celebrazione di un mito non si sa bene di cosa. Mourinho aggiunge alle sue ben note e attese conferenze stampa e interviste il sale e le spezie di uno sproloquio continuo, che non appena passa il limite della decenza, puntualmente rimbalza da una rete all’altra per rinnovarsi felicemente grazie a mirabolanti e acrobatici panegirici. Tutti d’accordo, è un grande affabulatore. Proprio nel senso che non fa che raccontarci favole. Con la stessa immaginazione fervida e impunita che da quattro anni tesse trame inconsistenti spacciate per verità. Di quelle che si possono continuamente manipolare, alla stregua di certe intercettazioni telefoniche, per fare il comodo di chi di dovere. Se infatti esiste una corrente di pensiero che asserisce che Mourinho si serve di frottole ad arte, per indirizzare l’interesse dove vuole, senza nemmeno l’ausilio di un misero cellulare, se qualcun altro suggerisce il vecchio adagio dantesco-virgiliano secondo il quale si farebbe bene a non curarsi di lui, guardando (un poco schifiltosi) e passando oltre, esiste una terza via. Fare come il bambino che nella favola vide il re nudo e dire, con voce chiara, senza tema di smentite, che Mourinho non fa caso a quel famoso detto secondo il quale prima di aprire la bocca sarebbe bene verificare che il cervello sia inserito. Mettere da parte l’ipertrofico io e ristabilire un salutare contatto con la realtà attraverso un continuum spazio-temporale credibile. Magari con l’auspicato ausilio di giornalisti impegnati finalmente nel loro mestiere, che dovrebbe consistere non nell’apologia costante a pagamento, sulla quale ci illuminò a suo tempo il nostro vate, quella della “prostituzione intellettuale”, per intenderci, ma nel dire e nel dare le notizie così come sono. Fu Mourinho a ricordare ai giocatori nerazzurri che era ora di fare sul serio e non più di vincere a tavolino. Era lui l’allenatore di quel Porto coinvolto in un affare piccante e dalle curiose analogie con certi eventi accaduti in Italia che lo fanno vergognare di dare il pane (immagino con che companatico vista la portata dei suoi guadagni) alla sua famiglia lavorando nel mondo del calcio. Che detto con il faccino nuovamente rasato dopo lo stress devastante di CL (solo 24 ore prima le borse sotto gli occhi e la barba incolta ne erano testimonianza), trova pure chi gli crede. Forse perché un po’ di verità stavolta l’ha detta, anche senza volerlo. E’ vero, c’è da vergognarsi a tirare a campare con questo calcio che trova il terzo tempo dentro i tribunali. Che mostra una giustizia sportiva ingiusta grazie alla quale è possibile trasformare i regolamenti senza che nessuna di quelle voci e di quelle penne ardite nel commentare le prodezze verbali dello specialone venuto a insegnarci i segreti del pallone abbia a sprecare una parola o un rigo per chiedersi il perché e il per come. Perciò mi scuserà Mughini se Mourinho sarà pure un bravo allenatore e se per la prima volta dopo decenni ho visto una buona Inter contro il Chelsea, ma a me non è simpatico. C’è stato il regalino annesso e certe dichiarazioni fuori tempo e fuori gioco, tipo quella sui metri che costituiscono un’area di rigore, me la dicono lunga su quanto sia bugiardo e poco professionale. Se si fosse guardato le videocassette delle partite dell’Inter di Mancini per prepararsi alla panchina, avrebbe scoperto che in questo paese si può fare una rete con cinque giocatori in fuorigioco o con le mani se li vesti di nero e azzurro. Come dovrebbero ben sapere anche dalle parti di Firenze. Perché se i viola si scorderanno la CL non è perché è ben più accetto un quarto posto bianconero. Quello che non dicono è che porta i rossoneri a quattro punti dalla capolista, notoriamente loro amica. Quello che invece non andava né detto né fatto è more solito opera di John. Nel paese che ha inventato il legittimo impedimento, non riesce nemmeno a fingere un mal di pancia o un incontro d’affari all’estero. E con quell’altro faccino pulito che si ritrova, si ripresenta in pubblico candidamente avvinto a Moratti.
Scusate, ma il mal di pancia è venuto a me.

la juventina
Forza Juve Giusy

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