giovedì 4 febbraio 2010

"Eppur si gioca ----- Una crisi tecnica che parte da lontano"

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Priorità alla questioni extra-sportive, perché così ci è stato dato di fare. Sia nelle questioni interne (cacciata degli Elkann), sia verso l’esterno (difesa dell’immagine, revisione dei processi sportivi, querele contro chi ci diffama).
Ma c’è pur sempre una squadra che va in campo, e lo fa con il nome Juventus e la maglia bianconera. Ed anche se non sembra, è sempre la Juve : ferita, calpestata, spogliata…ma sempre Juve è. Da sostenere, quindi, e, dati i tempi, da migliorare….o, meglio, rifondare.

Il problema a livello tecnico, infatti, è profondo, strutturale. Non si tratta di una stagione no, un acquisto sbagliato, e nemmeno dell’ allenatore che è mancato in questi mesi. Il problema è più generale, e non riguarda solo la squadra in sé o la struttura societaria, ma tutto l’ambiente juventino…..coinvolgendo, anche qui, noi tifosi.C’è bisogno di una rifondazione non solo tecnica della squadra, ma anche di mentalità dell’ambiente juventino.

Società e squadra all’avanguardia europea per circa una ventina d’anni dall’avvento di Platini, nel 1982, in poi, la JUVE ha subito e sottovalutato una involuzione tecnico/caratteriale il cui inizio si può far coincidere con l’inizio del nuovo millennio. Il calcio europeo ha presentato nuove sfide: una nuova formula della Champions dal 1999, sentenza-Bosnam ed apertura agli extra-comunitari. Il livello della competizione europea si è impennato in generale, e molte squadre hanno sviluppato un gioco specifico per le sfide europee, anche se impossibile da portare avanti in campionato per tutta una stagione (es. Valencia, Milan, Liverpool); lo potevano fare perché per poter partecipare di nuovo alla Champions bastava anche un piazzamento nel campionato in corso; così, vincendo 1 Coppa su 4 partecipazioni, ottenevano più visibilità di chi vinceva i tre restanti campionati.
La sentenza Bosnam e i nuovi introiti hanno fatto sì, poi, che le squadre si attrezzassero non già arrangiandosi con quello che il loro mercato nazionale offriva, ma andando a pescare in tutto il mondo i migliori elementi per doti tecniche ed atletiche, e con tali elementi improntando progetti tattici innovativi; su tutti, l’introduzione del centrocampo a 5 e l’abolizione della doppia punta statica. Spicca il ruolo degli esterni, che diventano attaccanti o centrocampisti aggiunti a seconda della necessità, dando superiorità numerica nelle varie zone del campo.

La Juve rimaneva tagliata fuori da molto di questo pullulare tecnico che si andava affermando in Europa. E la malaugurata cessione di Henry, ancora nel ’99, è come se avesse decretato al principio la piega che stavamo prendendo. La errata rieducazione di Del Piero post-infortunio, sempre del ’99, basata più sul potenziamento che non al recupero dell’elasticità muscolare, hanno fatto il resto, consegnandoci una squadra che, per circa 10 anni, è mancata di spunto, velocità e potenza in progressione nel reparto avanzato, considerato anche la scelta di centravanti rapaci d’area di rigore come Inzaghi prima e Trezeguet poi.

Un gap decisivo, nel ruolo che più fa la differenza in Europa: C.Ronaldo, Kakà, Schevchenko, le ripartenze del Liverpool e del Valencia…..ecco quale è il calcio che ha dominato in Europa, con il Barcellona splendida eccezione basata su una generazione forse irripetibile di fenomeni. Niente di nuovo d’altronde per noi: nelle due ere in cui siamo stati noi a dettare legge in Europa, con Platini e primo-Lippi, i nostri attacchi erano composti da frecce che tagliavano il campo in lungo e in largo: Rossi, Boniek, Briaschi prima…. Vialli, Ravanelli, il giovane Del Piero, Boksic, e i giovani Amoroso e Vieri poi. Tutti veloci e tutti tecnici, che partecipavano attivamente alla manovra ed aiutavano il centrocampo.

Legata a questa, è la seconda lacuna tecnica che ci ha visti sorpresi: la mancanza del regista, del calciatore tecnico sì, ma soprattutto illuminato calcisticamente a metà campo. Se intorno ho degli elementi che segnano linee per tutto il campo, ci vuole chi tenga le redini del gioco. Ma se abbiamo punte statiche ed un gioco a ritmi lenti, ci si dirige verso centrocampisti più di rottura e prestanti fisicamente, che non dalla visione di gioco e dalla tecnica sopraffina oppure capaci di incursioni negli spazi creati dal movimento delle punte, che appunto non c’è. Ma siffatti centrocampisti vanno in difficoltà quando il ritmo si impenna, quando il clima è ostile, come avviene negli scontri diretti a livello europeo.
Anche qui, grande è la differenza con le JUVE europee del passato: Platini, P.Sousa, Zidane, piuttosto che i Tardelli, Jugovic, Conte non hanno trovato i loro corrispettivi nei vari Tacchinardi, Emerson, Vieira, Camoranesi….grandi calciatori, ma nè sopraffini creatori di gioco, né capaci di martellare le difese avversarie con ripetuti inserimenti ad alti ritmi.
Non è un caso se l’unica campagna europea di rilievo è coincisa quando un nostro giocatore si è rivestito di una forza quasi sovrumana ed ha colmato molte di queste lacune quasi da solo: il Nedved del 2003, che però è stata un’eccezione più che la regola, così come le grandi prestazioni della JUVE in Europa nel decennio appena trascorso. "

THOMAS

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